Giuseppe Diotti (Casalmaggiore, 1779 – 1846)
Antigone condannata a morte da Creonte
1845
olio su tela, 275 x 375 cm
Bergamo, Accademia Carrara
L’arte non è immune alle mode e alcune vicende lo raccontano molto bene. È il caso dell’Antigone condannata a morte da Creonte, dipinto realizzato Giuseppe Diotti negli ultimi anni della sua vita. Dimenticata e poi ritrovata, la tela è tornata in Accademia Carrara dopo un lungo restauro.
Questa breve introduzione all’opera e alle vicende che la vedono protagonista è pensata per gli insegnati e le insegnanti che desiderano conoscerla e approfondirla insieme a studenti e studentesse, anche in chiave interdisciplinare con il supporto della scheda di attività che accompagna questa descrizione.
Giuseppe Diotti, nato in provincia di Cremona, a Casalmaggiore, nel marzo 1779 è conosciuto per la sua longeva carriera di docente di pittura e direttore dell’Accademia di Belle Arti Giacomo Carrara, a Bergamo. Vi arriva dopo la formazione a Parma e un soggiorno di qualche anno a Roma che – grazie alla presenza di Winckelmann prima e Canova poi – è la capitale del Neoclassicismo, movimento culturale incentrato sul recupero dell’arte classica e dei soggetti mitologici, letterari, storici.
Diotti a Roma incontra i grandi interpreti dell’arte neoclassica Pietro Benvenuti, Landi, Camuccini e allo stesso tempo ha modo di farsi le ossa e ampliare il proprio bagaglio stilistico e iconografico. A Roma Diotti può osservare gli scavi archeologici dai quali emergono edifici, statue, mosaici, quelle tracce dell’antico che tra Cinque e Seicento nutrirono l’immaginario di artisti come Raffaello e Michelangelo, Carracci, Domenichino, Poussin, modelli assoluti del gusto neoclassico. Conclusa l’esperienza capitolina si ferma a Milano, dove l’incontro con il pittore Andrea Appiani gli apre le porte per l’incarico di docente di pittura all’Accademia Carrara di Bergamo.
Diotti rimarrà a Bergamo dal 1811 al 1845, diventando il primo Direttore della Scuola di Pittura fondata da Giacomo Carrara insieme alla Galleria di dipinti. I trent’anni di insegnamento sono caratterizzati da una didattica incentrata sul disegno e sullo studio del nudo, quindi totalmente ancorata alla tradizione classicista, distante dai temi e dal gusto del romanticismo.
L’Antigone condannata a morte da Creonte fu l’ultimo grande dipinto realizzato dal maestro, richiesto dalla Commissària dell’Accademia Carrara, l’organo di controllo istituito dal fondatore Giacomo Carrara. La scelta del soggetto fu lunga e travagliata, come ci raccontano le fonti, in questo caso la corrispondenza tra Diotti e la Commissària.
Nel maggio del 1834 il pittore aveva proposto come soggetto “il Congresso di Pontida, argomento patrio interessantissimo”. A seguito del rifiuto da parte della Commissaria dell’Accademia, Diotti indirizzò al Presidente un’altra lettera, avanzando una nuova proposta, sottoponendo un “argomento difficilissimo”.
Solo a fine luglio si giunse finalmente ad un accordo e alla definizione del contratto. E’ Diotti a descrivere nel dettaglio la scelta del soggetto in una lettera del 16 luglio 1834.
Il soggetto è dunque Antigone, nella versione di Alfieri.
Esistono infatti tante “Antigoni”: la tragedia scritta da Sofocle è considerata tra le più celebri e rappresentative produzioni del mondo greco classico, in grado di ispirare innumerevoli rifacimenti e rielaborazioni nella letteratura, nel pensiero critico, al teatro e al cinema. La figura di Antigone continua infatti a sollevare questioni senza tempo, eterne, come il conflitto tra religione familiare e moralità dello Stato, tra uomini e donne, tra generazioni vecchie e nuove, risuonando ancora rilevante nel presente. I personaggi di Antigone e Creonte interpretano due posizioni contrapposte, l’interesse della polis e i diritti della famiglia; Creonte si rende conto che applicare le leggi significa disattendere le leggi degli uomini, non scritte, ma di grande valore morale, come la sepoltura di un famigliare.
Nel marzo 2022 in Accademia Carrara si è tenuto un incontro condotto da Raffaella Dimatteo, giudice del tribunale di Bergamo, proprio su questo tema (vedi conferenza “Le Antigoni. Potere e giustizia nelle città”).
L’Antigone di Vittorio Alfieri è la figlia premurosa di Giocasta e di Edipo, re di Tebe. Alla morte di quest’ultimo i figli Eteocle e Polinice si accordano per dividersi a turno il trono, ma Eteocle non rispetta i patti. Polinice, allontanato, chiede aiuto al suocero Adrasto, re di Argo, e dichiara guerra alla città di Tebe. La spedizione dei ‘sette contro Tebe’ si conclude con la morte di Eteocle e Polinice, uccisi uno per mano dell’altro. Il potere è assunto da Creonte, fratello di Giocasta. Considerando Polinice un traditore, Creonte ordina che il suo cadavere rimanga insepolto. Antigone, appellandosi alle leggi divine che impongono pietà per i morti, è decisa a disobbedire. Argia, moglie di Polinice, ignara dell’editto, è intanto giunta a Tebe per richiedere le ceneri del marito. Qui incontra Antigone, che si sta apprestando ad accendere il rogo al fratello. Le due donne si presentano quindi spontaneamente al cospetto del tiranno, che le condanna a morte infame. Creonte, grazie all’intercessione di suo figlio Emone, innamorato di Antigone, decide di risparmiare la ragazza se questa accetterà di sposare il figlio. Antigone rifiuta:
«Creonte: Scegliesti?
Antigone: Ho scelto.
Creonte: Emon?
Antigone: Morte.
Creonte: L’avrai.»
Antigone sta per essere condotta al patibolo quando Emone comunica al padre che il re di Atene Teseo avanza con l’esercito per ottenere la sepoltura degli eroi argivi, e che il popolo di Tebe non accetterà di veder morire la figlia di Edipo. Creonte ordina quindi che non si neghi la sepoltura a nessuno; nemmeno ad Antigone e la condanna a morire sepolta viva nello stesso campo dove si trovano i guerrieri insepolti, tra cui lo stesso Polinice. Antigone e Argia, che conduce l’urna con sé, si separano rinnovandosi il fraterno affetto che è nato tra loro.
Il momento scelto da Diotti deriva dalla versione del mito rielaborata da Vittorio Alfieri ed è chiarito dallo stesso artista nella lettera inviata a luglio alla Commissària; il fulcro della scena è Creonte, raffigurato al centro, lo sguardo iroso e l’espressione dura, mentre allontana Antigone da Argia, spingendola nelle mani dei suoi carnefici. Alle spalle del tiranno, avvolto in un mantello, si vede il suo consigliere Ipseo, stessa espressione accigliata ma con lo sguardo quasi assente, inscalfibile. Dietro di loro due uomini scavano la fossa dove Antigone sarà sepolta viva. Il braccio di Antignoe e lo scettro di Creonte tendono verso Argia, svenuta tra le braccia di un soldato, e le ancelle. Sullo sfondo la città di Tebe, teatro della tragedia.
Nell’interpretazione di Alfieri il mito si conclude con Creonte che, temendo una rivolta popolare, torna sui suoi passi e ordina che Antigone venga incarcerata e poi giustiziata in prigione. Emone giunge per trarla in salvo ma “s’apre la scena e si vede il corpo di Antigone… svenata”. Emone si getta con la spada contro il padre, ma all’ultimo la volge verso di sé e si toglie la vita.
Come procede Diotti nella realizzazione del dipinto? Il metodo del maestro si ispirava alla grande pittura del passato e alle botteghe rinascimentali, come testimonia l’uso di cartoni preparatori. Il pittore tracciava su carta un disegno delle stesse dimensioni dell’opera finale, questo veniva poi trasferito sul supporto finale e forniva le coordinate per eseguire l’opera pittorica. Sono sopravvissuti diversi cartoni preparatori (quello della Scuola di Atene di Raffaello conservato alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano o la serie di cartoni per arazzi, sempre di Raffaello, al Victoria and Albert Museum) e molto spesso questi materiali sono fonti preziose per conoscere l’artista, le opere, talvolta perdute o non realizzate, il processo creativo e i metodi di lavoro. Anche Antigone condannata a morte da Creonte ha il suo cartone preparatorio, di dimensioni quasi identiche alla tela finita, che si trova presso l’Accademia Tadini di Lovere.
Nel 1842 il dipinto non è ancora concluso e Diotti pare non essere soddisfatto di come procede il lavoro, che infatti si protrarrà ancora, per concludersi nel marzo 1845, circa 11 anni dopo la sua commissione, e pochi mesi prima della morte dell’autore.
La grande tela (cm 275 X 375) con Antigone è considerata il testamento artistico di Diotti, ma rappresenta anche un documento interessante per ripercorrere uno dei percorsi della storia dell’arte e del gusto. L’opera fu inizialmente esposta in una sala al secondo piano della pinacoteca, dedicata a cerimonie e occasioni istituzionali, ma vi rimase poco: dopo vari spostamenti venne rimossa durante la Seconda Guerra Mondiale, rimanendo nascosta e dimenticata. Il gusto neoclassico era stato soppiantato e il monumentale dipinto del maestro di un’altra generazione diventava ingombrante. Solo con il tempo si è tornati ad apprezzare la pittura dell’Ottocento e la produzione delle accademie, dandoci la possibilità di riscoprire opere e vicende finite in soffitta.
Nel 1976 l’allora direttore dell’Accademia Carrara, Francesco Rossi, ritrova la tela di Diotti arrotolata in un sottotetto, con la materia pittorica verso l’interno. Si avvia il primo restauro, realizzato tra il 1991 ed il 1993, che lascia visibili le cadute di colore dovute all’abbandono, a testimoniare la vicenda conservativa e le peripezie vissute dalla tela. A distanza di quasi trent’anni, nel 2021, l’opera viene nuovamente restaurata e restituita alla “sua casa”. Le vicende dell’opera, dalla sua realizzazione ai due restauri, sono raccolte nei due volumi corredati da fonti documentarie e immagini dei lavori dei restauri pubblicati dall’Accademia Carrara e riportati in bibliografia. Esposta nell’Ala Vitali del museo, la grande tela è pienamente fruibile, inserita nel percorso di visita.
Le attività presentate di seguito sono pensate per alunni e alunne della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado; sono esplicitati obiettivi, modalità di svolgimento e strumenti, declinati a seconda della fascia della fascia d’età. Le proposte suggeriscono all’insegnante alcune idee per un lavoro in classe, favorendo un approccio interdisciplinare e partecipativo, consigliando caldamente una visita in museo, per osservare da vicino il dipinto e ampliare il percorso con altre opere della collezione dell’Accademia Carrara.
CHI |Professionalità coinvolte
Insegnanti della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado, referenti dei Servizi Educativi
Fondazione Accademia Carrara.
PER CHI | I destinatari
Bambine e bambini della scuola primaria, classi III, IV, V.
Ragazze e ragazzi della scuola secondaria di primo grado.
Studenti e studentesse della scuola secondaria di secondo grado.
PERCHÉ | Gli obiettivi
COSA (si fa) | Svolgimento
COME E CON CHE COSA | Le strategie e gli strumenti
LA PRODUZIONE
Un nuovo finale/svolgimento per Antigone condanna a morte da Creonte.
PERCHÉ | Gli obiettivi
COSA (si fa) | Svolgimento
L’insegnante propone la lettura dell’opera (soggetto, tecnica, stile, …) chiedendo anche l’analisi dei personaggi, delle pose e delle espressioni.
In base alla classe/fascia d’età a cui si sta proponendo l’attività:
La proposta è accompagnata dalla realizzazione di un elaborato, le proposte che suggeriamo sono:
COME E CON CHE COSA | Le strategie e gli strumenti
LA PRODUZIONE
PERCHÉ | Gli obiettivi
COSA (si fa) | Svolgimento
La proposta è accompagnata dalla realizzazione di un elaborato, le proposte che suggeriamo sono:
COME E CON CHE COSA | Le strategie e gli strumenti
LA PRODUZIONE
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