Eleonora d’Este

Autore

Antonio Canova (Possagno, Treviso 1757 – Venezia 1822)

Data

1819

Materia e tecnica

marmo, h 45 cm

Collocazione

Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo, Sala XXI, inv. SC18

Il busto di Eleonora d’Este è il felice esito imprevisto di una commissione fatta dal conte Paolo Tosio ad Antonio Canova, tramite l’amico pittore Luigi Basiletti che all’epoca risiedeva a Roma. In una lettera datata 27 giugno 1819 il pittore informò il raffinato collezionista di aver ricevuto dallo scultore «risposta per sua grazia particolare, perché Canova ricusa ogni ordinazione», ma aggiunse che lo stesso dimostrò «molta lusinga di ricevere la commissione della Psiche». Il conte bresciano era infatti desideroso di ottenere una replica della celebre statua raffigurante Psiche a figura intera, ed era speranzoso che Basiletti riuscisse a convincere Canova dopo il suo rientro a Roma da Possagno, dove quel mese di trovava per la posa della prima pietra del Tempio. In seguito Basiletti ribadì invece l’impossibilità di Canova ad assumere l’incarico, «perché ha più lavori commessi di quelli che può eseguire in sua vita». Aggiunse però che lo scultore, per non deludere le aspettative del mecenate, proponeva in alternativa il busto di una Vestale o un’erma dell’«ispirata e innamorata Saffo» (identificabile con quella ora alla Galleria d’Arte Moderna di Torino ). In seguito si delineò un’ulteriore possibilità, ovvero un busto della «vaga e seducente Eleonora d’Este che fu oggetto di amorosa passione del gran Torquato Tasso», schizzata a penna e matita sulla lettera da Basiletti. Tosio scelse il busto di Eleonora d’Este, fidandosi del giudizio del pittore secondo il quale «dimostrava il vero carattere e il bello dello stile di Canova». Le aspettative non furono deluse e in una lettera del 22 dicembre 1819 il conte affermò che «tutti restano rapiti al vedere il busto. Il bello portato a quel grado ravviva il genio anche negli spettatori».

La scultura fa parte di un gruppo di volti ideali realizzati da Canova nella fase tarda della sua attività e dedicati alle donne celebrate dai grandi autori della letteratura italiana, anticipando in questo modo istanze proprie del romanticismo. Traendo ispirazione dalla purezza della pittura quattrocentesca per raffigurare Beatrice (Gypsotheca e Museo di Antonio Canova), Laura (Chatsworth House) ed Eleonora lo scultore definì un nuovo “tipo di beltà italiana”, colta da già da Domenico Anzelmi nel 1842. Inoltre il confronto diretto con Dante, Petrarca e Tasso dava corpo all’adagio oraziano “ut pictura poesis”. Nel tradizionale confronto tra le arti, la scultura – che pure ha un solo istante da rappresentare, e che diversamente dalla poesia non può contare su una sequenza di pensieri e di versi in successione – si prefigge di risvegliare la fantasia e i sentimenti dell’osservatore. Per la realizzazione di questo busto, del quale si conserva un calco in gesso al Museo Canova di Possagno, Canova seguì «le tracce suggerite in parte da alcune descrizioni», alle quali aggiunse «qualche cosa d’ideale». L’intento era di restituire non solo la fisionomia, ma anche lo spirito della principessa amata dal poeta Torquato Tasso, il quale, secondo un’interpretazione corrente nell’Ottocento, la rappresentò nella Gerusalemme Liberata sotto le spoglie di Sofronia, colei che “d’alti pensieri e regi, d’alta beltà; ma sua beltà non cura, o tanto sol quant’onestà se ‘n fregi”. Il volto bellissimo e nobile della principessa è rivolto verso l’osservatore, ma distoglie lo sguardo con modestia, con un gesto che richiama il “raccoglier gli occhi” altrove descritto dal poeta. Nei bei riccioli che incorniciano il viso, solo apparentemente disposti con simmetrica armonia, si notano piccole variazioni e leggeri scarti dai quali si capisce come l’acconciatura sia quasi naturale, costruita con la nonchalance tipica di chi, appunto, “sua beltà non cura”. Le doti della principessa, come l’intelligenza e la nobiltà di spirito, furono perfettamente sintetizzate da Canova in questo ritratto ideale, di grande intensità poetica.

La medesima indole è inoltre ribadita dall’iscrizione posta sul basamento storico dell’opera, dove si legge il motto “Cor Pudico, Alta Mente e Nobil Volto”. Il supporto, caratterizzato anche dal ritratto di profilo del poeta, fu disegnato da Rodolfo Vantini per consentire la collocazione del busto entro le stanze di casa Tosio, da lui rinnovate negli anni successivi all’arrivo della scultura.

Attività

CARTE PARLANTI

attività didattica rivolta alle scuole secondarie di 2°
a cura dei Servizi educativi di Fondazione Brescia Musei

 

Premessa
Questo documento è ad uso dell’insegnante e contiene tutte le informazioni e i passaggi per realizzare un’esercitazione di ricerca con gli studenti:

  • Introduzione: l’importanza dei documenti e la figura dello storico dell’arte
  • Le fonti: cosa sono, principali tipologie
  • Fasi di svolgimento dell’attività e materiali

 

Per condurre l’attività sarà necessario consultare le fonti documentarie che troverete allegate. Ogni fonte contiene delle indicazioni utili all’insegnante per guidare il lavoro degli studenti nell’interpretazione dei documenti e nella ricerca.

Oggi sperimentiamo il lavoro del ricercatore in ambito storico artistico. Immaginiamo di non sapere nulla riguardo a questa scultura, come possiamo ricostruirne la storia, l’iconografia e il significato? Attraverso le fonti, confrontandole estraendo da esse informazioni importanti che ci permettano di fare chiarezza.

L’IMPORTANZA DEI DOCUMENTI

La ricerca dei documenti è essenziale. In relazione all’analisi e alla valutazione a posteriori, i documenti originali costituiscono un accompagnamento dell’opera. Tutto ciò che è stato prodotto nel periodo in cui si è manifestata l’opera (foto, testi, registrazioni, comunicazioni) ha un peso enorme, perché nell’analisi successiva riduce il prodursi di equivoci, si pone come argine a un eventuale proliferare di interpretazioni. L’interpretazione degli atti, che è necessaria, si svincola in tal modo dalle intenzioni di autori e fruitori, che pure hanno avuto un ruolo nella manifestazione dell’opera. È così che la lettura di un fenomeno si rende oggettiva e verificabile. Si pratica un taglio, si afferma una parzialità e non è esclusa un’empatia da parte dell’osservatore. Ma l’ancoraggio ai documenti consente di trovare un punto di equilibrio tra fenomeno e punto di vista, per l’accertamento di una verità: una verità provvisoria, perché la porta rimane sempre aperta ad altri accertamenti con nuove evidenze di prova.

TESTIMONIANZE AMBIGUE

Il terzo punto è dato dalla testimonianza. È importare conoscere cosa ha percepito chi c’è stato, chi ha visto. La testimonianza ha il privilegio di rendere spesso accattivante l’evento passato, dispone bene l’osservatore che viene come coinvolto, reso partecipe di un vissuto significativo. È la voce diretta di chi è interpellato appositamente o di chi riferisce fra l’altro dell’oggetto del nostro interesse. Qui la conoscenza si fa più intricata, perché non è semplice trarre delle conclusioni. Tutti i protagonisti si fanno portatori di un’alterazione. La testimonianza orale è la più insidiosa perché può essere erronea, anche se in buona fede. Lo stesso autore dell’opera nel suo racconto deve essere sospettato. Ciò che dice non va preso in termini assoluti, in ogni caso non va mai assecondato. L’artista, per esempio, in modo più o meno inconscio tende ad essere indulgente nei propri confronti ed esigente o omissivo nei confronti di altri.
La circospezione è il presupposto di scientificità del metodo storico-critico.

L’attitudine di chi è mosso da volontà di ricerca è assimilabile a quella dell’investigatore. La partecipazione dello storico all’oggetto che tratta deve essere dotata di misura, caratterizzata da un rigore che consente di ridurre la possibilità di errori, distorsioni, abbagli. Un’investigazione non è mai attraente come una presentazione. Forse proprio per questo i riflettori sull’attività dello storico sono spenti, a discapito dei bagliori che caratterizzano l’attività del curatore, esposto nella piena luce dell’attualità e della comunicazione, in concorrenza con l’artista.

CHI È LO STORICO DELL’ARTE

Lo storico dell’arte svolge attività di individuazione, conoscenza, protezione, gestione, valorizzazione, ricerca, formazione, educazione inerenti i beni storico – artistici. E’ una professione di elevato contenuto intellettuale e di notevole complessità, che si svolge sia presso enti pubblici e privati sia come lavoro autonomo. Essa richiede una formazione culturale, scientifica, metodologica tecnica e etica specifica, ottenuta mediante percorsi di istruzione, formazione e aggiornamento a carattere teorico e pratico.

I compiti fondamentali dello storico dell’arte sono:

  1. Individuare, analizzare e documentare i beni storico- artistici
  2. Tutelare e conservare i beni storico – artistici
  3. Dirigere musei o luoghi della cultura, curare collezioni o mostre con riferimento alle discipline di competenza
  4. Svolgere attività di studio, ricerca formazione ed educazione nel campo della storia dell’arte e delle discipline affini e collegate.

Ciascuno di questi compiti caratterizza il profilo dello storico dell’arte e raggruppa le attività che il professionista è chiamato a svolgere, anche se con diversi gradi di responsabilità o specializzazione.

COMPETENZE

Individuare la natura, l’autenticità, la provenienza, le caratteristiche e la rilevanza dei beni storico – artistici

ABILITÀ

– Saper valutare sotto il profilo storico critico i beni storico – artistici

– Saper individuare i riferimenti cronologici e l’ambito culturale di provenienza dei beni storico – artistici

– Saper inquadrare i beni storico – artistici nel contesto territoriale di riferimento

– Elaborare relazioni storico-critiche – Elaborare perizie di autenticità

– Elaborare stime di valore

– Utilizzare metodologie di ricerca bibliografiche, documentali, iconografiche

– Elaborare e applicare criteri di selezione delle opere da esporre

– Applicare tecniche di selezione degli spazi espositivi

– Applicare tecniche e norme relativi ai piani di sicurezza delle collezioni

– Applicare tecniche e norme per la manutenzione e il controllo periodico delle collezioni

– Applicare le procedure di prestito dei beni storico – artistici

– Accompagnare le opere in prestito in qualità di corriere incaricato di supervisionarne le condizioni

CONOSCENZE

– Storia dell’arte

– Metodologie di ricerca bibliografica, archivistica e iconografica

– Tecniche artistiche

– Teorie e tecniche del restauro

– Norme tecniche nazionali e internazionali in materia di catalogazione

– Normative sui beni culturali

– Quotazioni e mercato dell’arte

ESERCITAZIONE

Le fonti sulle quali lavorare possono essere di moltissimi tipi differenti, possono dare informazioni contradditorie, possono essere originali o derivate, avere tra le mani delle fonti non significa quindi avere già tutto chiaro e metterle assieme, ma significa soprattutto confrontarle, leggerle con la giusta attenzione e non fermarsi alla prima informazione che si incontra dandola per vera.

 

Nelle discipline storiche per fonte si intende – secondo la sintetica definizione di Paul Kirn ogni testo, oggetto o manufatto da cui si può ricavare una conoscenza del passato.

Più in generale possono chiamarsi fonti «tutti i resti del passato, materiali o immateriali, scritti o non scritti, prodotti intenzionalmente da chi ci ha preceduto per lasciare memoria di sé e delle proprie azioni, o risultato meccanico delle varie attività umane».

Per definizione quindi ogni fonte è oggetto di ricerca da parte degli storici. Il primo passaggio della ricerca storica è l’esame della “raccolta delle fonti”, ossia dell’insieme delle fonti disponibili su un dato argomento; per il lavoro di ricerca è fondamentale disporre di raccolte di fonti metodicamente ordinate e selezionate, per arrivare a una valutazione ragionevole dei fatti.

Disporre sui tavoli molte fonti vere e false (documenti originali, ma anche testi con evidenti errori, fotografie pertinenti e non). La prima operazione che si propone di fare è organizzare le fonti, scegliendo quelle vere, verosimili ed evidentemente incoerenti dividendole.

Alla raccolta segue la critica: si interessa in primo luogo di valutare l’autenticità di una fonte, successivamente di verificarne l’affidabilità, e ciò tramite metodi complessi che integrano numerose conoscenze, oggi sempre più interdisciplinari. Anche la storia della critica, ovvero il susseguirsi delle interpretazioni date nel tempo di una determinata fonte, come pure la storia degli interventi umani che l’abbiano deformata (la cosiddetta “tradizione”), rivestono un’importanza fondamentale nell’inquadramento della fonte stessa.

CLASSIFICAZIONE DELLE FONTI

L’ordinamento di una fonte in un gruppo di fonti può essere talvolta difficile, dato che in grande misura dipende dal quesito che il ricercatore si pone al momento, pertanto una certa fonte può talvolta non essere facilmente inquadrabile in un gruppo generale.

FORMA ESTERIORE

In linea di principio, badando alla forma, si può distinguere tra fonti materiali, fonti iconografiche, fonti astratte e fonti testuali, ma i criteri di classificazione e nomenclatura possono cambiare a seconda degli autori.

Fonti materiali sono ad esempio oggetti artistici o artigianali, monete, strumenti di lavoro od oggetti di uso quotidiano, come una punta di freccia o un aratro. Tali fonti sono spesso oggetto di studio di sub-discipline storiche o affini alla storia, come l’archeologia o le varie scienze ausiliarie.

Fonti iconografiche sono rappresentazioni profane o artistiche; un dipinto è un oggetto concreto (e in quanto tale oggetto di studio), ma ha importanza anche quanto vi è rappresentato. La storia dell’arte utilizza le fonti iconografiche e l’arte figurativa come fonti di informazioni per descrivere la realtà sociale. Oltre ai dipinti e alle sculture, in tempi più recenti sono comparse fonti fotografiche, audio e video.

Fonti astratte o “fatti” o “resti astratti”: non sono tangibili, ma sono vissuti attraverso la realtà sociale. Ad esempio si può citare la lingua malgascia come retaggio della provenienza asiatica, e non africana, degli attuali abitanti del Madagascar. Allo stesso modo è una fonte astratta una festa popolare, che si celebra in un certo villaggio da un lungo periodo.

Fonti scritte o fonti testuali: sono originariamente legate ad un certo materiale di scrittura, possono tuttavia procederne separatamente, e sono le più importanti e significative, almeno dal punto di vista dello storico. Tra loro si annoverano lettere, biografie, diari, cronache, annali, giornali, pamphlet e opere letterarie in genere, globalmente chiamate fonti narrative, e consistenti in rielaborazioni di dati di fatto in veste letteraria, ad opera di uno o più autori non necessariamente coevi fra loro e ai fatti medesimi. Un altro gruppo è quello delle fonti documentarie, di natura assai variegata: diplomi di re e imperatori, bolle papali, carteggi diplomatici, atti amministrativi, statistiche, donazioni, rogiti notarili, inventari, registri contabili, eccetera; quantitativamente tali fonti crescono nella nostra disponibilità con l’avanzare verso la modernità, sia per una migliore conservazione, sia per un aumento della loro produzione in seguito a nuovi fenomeni socio-economici.

Possono costituire un problema interpretativo maggiore le fonti originariamente tramandate per via orale, basate sulla memoria, nate quindi sulla base di dichiarazioni orali e solo in seguito fissate per iscritto.

Una volta fatta la prima scrematura delle fonti a disposizione, le fonti vere verranno ulteriormente suddivise tra fonti primarie, secondarie e terziarie

Vicinanza agli eventi

Le fonti possono essere valutate anche in base alla vicinanza della loro creazione alla data degli eventi (ovvero: fonti originali e fonti derivate), o alla vicinanza del loro creatore agli eventi stessi: fa differenza se si descrive un evento lo stesso giorno sul proprio diario o anni dopo nelle proprie memorie. 

Fonti primarie, secondarie e terziarie

Dalle fonti va sempre distinta la letteratura secondaria, ossia la produzione che dallo studio e dalla critica di quelle deriva.

I confini tra fonti e letteratura secondaria possono diventare labili in alcune circostanze, ad esempio perché quale sia la fonte e quale la letteratura secondaria dipende dall’obiettivo della ricerca o dalle intenzioni del ricercatore: uno storico dell’antichità, che si interessi del sistema politico dell’antica Roma, leggerà il Römisches Staatsrecht di Theodor Mommsen come letteratura specialistica (è ormai datato e non rappresenta la moderna dottrina storica, ma è comunque importante letteratura secondaria). Invece, se uno storico della scienza legge il Römische Staatsrecht perché compie una ricerca sugli scritti e il pensiero di Mommsen stesso (o in generale sulla storiografia dell’antichità del XIX secolo), egli intende il Römische Staatsrecht come una fonte primaria: Mommsen diviene quindi per lo storico della scienza un oggetto di ricerca.

Una fonte secondaria può essere a volte imprescindibile per indagare il contenuto di una fonte primaria andata perduta.

Un lavoro di compendio e riassunto di fonti secondarie, quali una bibliografia, un catalogo, un dizionario, un’enciclopedia, un almanacco, un manuale scolastico e così via, può costituire un ulteriore tipo di fonte – la cosiddetta fonte terziaria – il cui scopo è fornire una base di conoscenza accertata e scevra da necessità interpretative. Una fonte terziaria può essere concepita come orientamento e punto di partenza per una ricerca, ma non è corretto attingere esclusivamente ad essa, né citarla come fonte nella bibliografia di un lavoro accademico. 

Avanzi e tradizione

“Avanzi” propriamente detti: “Tutto ciò che rimane direttamente dagli eventi”, non prodotto per tramandare un ricordo di sé ma per utilità diverse, scevre da ogni idea di ricordo; e “monumenti”, in cui l’autore ha avuto l’intenzione di informare altri uomini su qualcosa. Un avanzo è ad esempio una fattura commerciale, prodotta in seguito ad una transazione tra due mercanti: non ha quindi un carattere di memoria, ma per gli storici può servire come fonte.

“Tradizione”: “Tutto ciò che rimane dagli eventi, elaborato e riprodotto dall’uomo” col chiaro proposito di costituire una memoria e una fonte, a sua volta distinta in tradizione figurata, orale e scritta.

Lavoro sulle fonti

La selezione e l’interpretazione delle fonti, ed infine il loro utilizzo in una determinata pubblicazione, devono seguire alcune regole codificate, sia in ambito scientifico che storico-umanistico. Per maggiore comodità e per la loro superiore importanza in molti ambiti della ricerca, si farà riferimento di seguito alle fonti testuali, ma i criteri generali di trattamento non variano col variare della tipologia di fonte.

Raccolta

Per essere utilizzabile una fonte dovrà innanzitutto essere isolata dalle altre, dalla massa di informazioni che sotto ogni forma giungono dal passato; se per alcune fonti il ricercatore potrà “sul campo” fungere da raccoglitore delle stesse (ad esempio per quel che riguarda la memorialistica orale), il più delle volte -se non inedita- la fonte sarà andata incontro a un “pretrattamento” per essere fruibile, vale a dire il suo ordinamento in un archivio o in una raccolta, la sua catalogazione.

Critica

Uno storico deve aver fatto alcune considerazioni prima di utilizzare una fonte. La critica delle fonti deve rispondere necessariamente ad alcuni quesiti, stabilendo ad esempio se la fonte è autentica, chi l’ha prodotta, dove, e in quale contesto.

Una fonte è indispensabile sia sempre utilizzata in combinazione con altre fonti e classificata in rapporto a quelle, sia per determinarne l’autenticità ed affidabilità, che per costituire un repertorio utile.

Fase filologica

In primo luogo è necessario accertarsi dell’autenticità formale di un documento, ovvero se esso sia stato effettivamente il prodotto di un determinato autore, nel tempo e nel luogo dichiarati; in breve se sia formalmente vero o piuttosto, in tutto o in parte, opera di un falsario.

Prima fase è il cosiddetto esame estrinseco, particolarmente importante di fronte ai manoscritti: analisi della scrittura, della materia scrittoria (carta, papiro, pergamena), delle formule stilistiche (formule di saluto, sistemi di datazione e così via), della lingua utilizzata. Ogni elemento – posto in raffronto con le conoscenze già acquisite – deve essere coerente con l’epoca, il luogo e il compositore.

L’esame intrinseco consiste nel valutare il contenuto di un documento e metterlo in relazione a quanto già accertato, in modo da evidenziare eventuali contraddizioni, non spiegabili altrimenti che con l’opera maldestra o interessata di un falsario.

Fase interpretativa generale

Una volta accertata l’autenticità formale di una fonte, si prende in esame il contenuto, per appurare se quanto affermato non sia in contraddizione con fatti già sicuramente noti, in modo da valutarne l’importanza, la credibilità: anche documenti autentici possono infatti contenere travisamenti, errori, parzialità. Per la fase interpretativa non è possibile definire rigide procedure come per la fase filologica, ma «di fronte ad ogni fonte documentaria occorre rendersi conto dei problemi particolari, specifici, che essa pone[…]».

  1. OSSERVAZIONE DELLA SCULTURA

Ad ogni partecipante viene dato un taccuino per scrivere appunti e dati osservando direttamente la statua, che è la prima fonte materiale. Descrivo il manufatto in modo oggettivo (busto di donna, volto sereno, capelli ricci…marmo bianco…ci sono scritte? Le riporto sul taccuino, osservo anche il basamento di che materiale è fatto, colore, rilievi, scritte ecc.) Durante tutta la sperimentazione la didascalia sarà coperta da un cartoncino nero.

 

Una volta raccolti quanti più dati possibili si mette mano alle fonti scritte e iconografiche

  1. OSSERVAZIONE DELLE FONTI
  2. DIVISIONE DELLE FONTI UTILI E NO
  3. DIVISIONE DELLE FONTI ICONOGRAFICHE E SCRITTE

Fonti iconografiche sono rappresentazioni profane o artistiche; un dipinto è un oggetto concreto (e in quanto tale oggetto di studio), ma ha importanza anche quanto vi è rappresentato. La storia dell’arte utilizza le fonti iconografiche e l’arte figurativa come fonti di informazioni per descrivere la realtà sociale. Oltre ai dipinti e alle sculture, in tempi più recenti sono comparse fonti fotografiche, audio e video.

Fonti scritte o fonti testuali: sono originariamente legate ad un certo materiale di scrittura, possono tuttavia procederne separatamente, e sono le più importanti e significative, almeno dal punto di vista dello storico. Tra loro si annoverano lettere, biografie, diari, cronache, annali, giornali, pamphlet e opere letterarie in genere, globalmente chiamate fonti narrative, e consistenti in rielaborazioni di dati di fatto in veste letteraria, ad opera di uno o più autori non necessariamente coevi fra loro e ai fatti medesimi.

Fonti documentarie, di natura assai variegata: diplomi di re e imperatori, bolle papali, carteggi diplomatici, atti amministrativi, statistiche, donazioni, rogiti notarili, inventari, registri contabili, eccetera; quantitativamente tali fonti crescono nella nostra disponibilità con l’avanzare verso la modernità, sia per una migliore conservazione, sia per un aumento della loro produzione in seguito a nuovi fenomeni socio-economici.

  1. DIVISIONE DELLE FONTI PRIMARIE SECONDARIE TERZIARIE

Le fonti possono essere valutate anche in base alla vicinanza della loro creazione alla data degli eventi (ovvero: fonti originali e fonti derivate), o alla vicinanza del loro creatore agli eventi stessi: fa differenza se si descrive un evento lo stesso giorno sul proprio diario o anni dopo nelle proprie memorie.

Fonti primarie, secondarie e terziarie

Dalle fonti va sempre distinta la letteratura secondaria, ossia la produzione che dallo studio e dalla critica di quelle deriva.

Un lavoro di compendio e riassunto di fonti secondarie, quali una bibliografia, un catalogo, un dizionario, un’enciclopedia, un almanacco, un manuale scolastico e così via, può costituire un ulteriore tipo di fonte – la cosiddetta fonte terziaria – il cui scopo è fornire una base di conoscenza accertata e scevra da necessità interpretative. Una fonte terziaria può essere concepita come orientamento e punto di partenza per una ricerca, ma non è corretto attingere esclusivamente ad essa, né citarla come fonte nella bibliografia di un lavoro accademico.

  1. COMPARAZIONE DELLE FONTI

Dopo aver analizzato le fonti singolarmente inizio a mettere insieme gli elementi (le date corrispondono sempre? posso ricostruire una sequenza cronologica? Ad esempio la foto con Eleonora nella la farmacia Zadei, come posso interpretarla? verifico utilizzando anche internet quando è avvenuta questa esposizione, dove e perché. Osservo l’immagine e riconosco una vecchia farmacia, se è collocata al suo interno la statua posso dedurre che ci sia un collegamento, essendo la statua di Canova che operava a Roma, non è lui il collegamento, piuttosto l’altro nome importante è Vantini , che ha realizzato il basamento, allora posso verificare se Vantini abbia realizzato una farmacia…così scopro che è proprio questa che fu esposta nella Gamec di Brescia negli anni ‘60 in Santa Giulia)

  1. COSTRUZIONE DELLA SCHEDA

Raccolti i dati sarà possibile compilare la scheda dell’opera 

     8. VERIFICA FINALE

Confronto con la scheda dell’opera redatta da uno storico dell’arte

Risorse per approfondire

Manoscritti

Fonti a stampa

Eleonora d’Este, in Opere di Scultura e di Plastica di Antonio Canova, vol. II

Isabella Teotochi Albrizzi, Eleonora d’Este, in Opere di Scultura e di Plastica di Antonio Canova, vol. II, Pisa 1824, pp. 16-19.
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Fonti iconografiche

Planimetria di Palazzo Tosio alla lettera V corrisponde il salotto ottagonale in cui era collocato il busto di Eleonora d’Este.

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Topografica della collezione Tosio, stanza ottagonale, 1851 circa

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Busto di Eleonora d’Este con basamento storico progettato da Vantini all’interno del Gabinetto dei Disegni in Palazzo Tosio, attualmente sede dell’Ateneo di Brescia. (così la vecchia didascalia della fotografia in oggetto, in realtà la statua sul basamento è Beatrice Portinari di Giovanni Franceschetti)

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Palazzo Tosio, Salotto ottagonale alla metà degli anni ’30 del Novecento

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Palazzo Tosio, Salotto ottagonale nell’allestimento attuale

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Busto di Eleonora d’Este all’interno di un allestimento con la ricostruzione della Farmacia Zadei, il cui primo rinnovo locali fu progettato nel 1859 da Rodolfo Vantini. L’architetto, fra le altre cose, progettò il basamento storico per il busto di Canova.

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Busto di Eleonora d’Este con basamento storico progettato da Vantini all’interno degli spazi delle domus romane del Museo di Santa Giulia, in occasione della mostra del 2013 Variazioni sul classico. Sculture dell’Otto e Novecento dalle civiche raccolte in Santa Giulia.

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Busto di Eleonora d’Este di Antonio Canova nell’attuale collocazione, all’interno della sala XXI della Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia.

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Antonio Canova, Busto di Eleonora d'Este, calco in gesso, Museo Gypsotheca Antonio Canova, Inv. 281.

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Antonio Canova, Busto di Eleonora d'Este, calco in gesso, Museo Gypsotheca Antonio Canova, Inv. 281.

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Lettera inviata da Roma da Luigi Basiletti a Paolo Tosio, 18 settembre 1819, Archivio di Stato di Brescia, Fondo 177, B. 54, F. 1, N. 1, l. 5.

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Lettera inviata da Roma da Luigi Basiletti a Paolo Tosio, 18 settembre 1819, Archivio di Stato di Brescia, Fondo 177, B. 54, F. 1, N. 1, l. 5.

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Video

Opera del mese: Antonio Canova, Busto di Eleonora d’Este

Biografia dei protagonisti

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Link esterni


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